La storia di Claudio Palmulli comincia a Roma nel 1986. Diversamente abile dalla nascita per tetraparesi spastica neonatale, Claudio ci narra la sua vita, fatta di progetti letterari, attività di divulgazione sull’importanza dell’accessibilità nelle scuole e con le istituzioni. E poi parla di sport: una delle sue grandi passioni e stimolo nella vita.
Claudio, quando inizia la tua attività come promotore su temi riguardanti l’accessibilità?
Considerando il mio percorso personale, il tema delle barriere architettoniche mi è sempre stato molto a cuore. Mi ha sempre affascinato questo tipo di attività e mi ha permesso di raggiungere e aiutare molte altre persone in una situazione simile alla mia. Il tutto ha avuto inizio, in maniera più attiva, 5 anni fa. Ovviamente non sono da solo, sono coinvolte in questo progetto diverse persone, che mi supportano nel sensibilizzare l’opinione pubblica. Uno dei nostri ultimi traguardi è stato far realizzare un montacarichi alla stazione Flaminio di Roma per permettere alle persone con disabilità di potervi accedere in modo autonomo. A Bolzano, città in cui vivo attualmente, mi sto impegnando per l’abbattimento delle barriere architettoniche e per il posizionamento di una rampa per migliorare l’accessibilità. Si tratta di una prima azione all’interno di un progetto più ampio.
Oltre all’impegno con le istituzioni, la tua attività si indirizza anche in altri ambiti? Per esempio, le scuole?
Sì, grazie al progetto “Claudiointour” porto la disabilità nelle scuole. Penso che sia importantissimo parlare di accessibilità già a questa età. Durante gli incontri, infatti, do la possibilità ai bimbi di utilizzare ausili come la carrozzina per provare in prima persona che cosa significa il tema dell’inclusione e l’importanza di non sentire la diversità come un qualcosa di tanto lontano.
E lo sport: quale ruolo gioca nella tua vita?
Lo sport per me è veramente importante, se non fondamentale. Ho vissuto una situazione di obesità e proprio grazie allo sport sono riuscito a rimettermi in forma e ad abbattere anche la timidezza. Con la mia tenacia e perseveranza ho raggiunto un grandissimo risultato, quello di essere il primo italiano a percorrere una maratona (42 km) con una carrozzina da passeggio.
Come ti sono sembrate le strutture sportive? Le hai trovate accessibili o fai fatica a trovare informazioni sull’accessibilità?
Quando vivevo a Roma mi allenavo alla “Royal feet”, una struttura sportiva accessibile a 360 gradi. Bolzano presenta poche realtà accessibili al cento per cento per potersi allenare e sentirsi, nonostante la disabilità, una persona coinvolta totalmente in questo ambito. In questo momento è molto difficile trovare informazioni in merito all’accessibilità delle strutture sportive.
Parlando di inclusione, invece, cosa significa per te?
La parola “inclusione” indica, letteralmente, l’atto di includere un elemento all’interno di un gruppo o di un insieme. Per me questo riguarda anche le condizioni economiche come, per esempio, una migliore gestione dei contributi pensionistici di supporto alla condizione di disabili così come una migliore gestione dei controlli e delle visite mediche legali. Una persona disabile, per sentirsi veramente inclusa in una società, deve essere libera di esprimersi e muoversi senza ostacoli. Le istituzioni dovrebbero investire in soluzioni idonee che permettano questa condizione, come, per esempio, con messe a norma di strutture pubbliche e private. È importante che ognuno parli della situazione in cui vive e di ciò che sa.
Personalmente non mi sono mai sentito una persona con disabilità, ma con particolari esigenze di accessibilità. Per questo motivo, mi reco spesso a parlare con sindaci per portare alla luce i problemi che un disabile vive in prima persona in questo ambito. Sono stato, per esempio, a Genova e Bronzolo (BZ).
Quale pensi sia la soluzione migliore, in questo caso, per ottenere dei risultati?
La sinergia tra i portatori di interesse e le istituzioni è l’aspetto più importante che può portare a soluzioni tangibili. La disabilità deve unire, non dividere, e le associazioni spesso non si focalizzano su questo aspetto. In passato avevo anche intrapreso una carriera nella politica, poi ho ben compreso che questo deve essere un tema trasversale e non deve essere gestito da nessuno schieramento in particolare.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
A settembre pubblicherò il mio nuovo libro “Disabilmente amici” in collaborazione con ASD Trieste, in cui parlo di vita, disabilità e di quanto è importante l’inclusione nel mondo odierno. Continuerò la mia attività di Mental Coach Life & Sport iniziata grazie all’Accademia di Formazione NLS a Roma. Il mio principale obiettivo è quello di diventare un punto di riferimento per dare voce e soluzioni alla disabilità, facendo in modo che sia un tema sempre più preso in considerazione dalle istituzioni. In ambito sportivo, invece, sempre nel mese di settembre, inizierò a praticare l’hockey (doveva essere basket) in carrozzina con i Tigers di Bolzano.
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Claudio ha scelto di sostenere attivamente Willeasy donando parte del ricavato del suo libro “Il vento sulle braccia” allo sviluppo del progetto. Se vuoi acquistare una copia del libro, lo puoi fare cliccando qui